lunedì 23 maggio 2016
locri
Erede dell'antica Locri Epizefìri, i cui resti si estendono, pochi chilometri a sud-ovest dell'attuale nucleo abitato, tra il litorale e le colline dell'immediato entroterra, la cittadina fu fondata come colonia dai greci della Locride nel 673 a.C. e raggiunse il massimo splendore nel V secolo a.C. Nell'antichità era famosa per la sua legislazione, attribuita a Zaleuco e fortemente conservatrice, per la "prostituzione sacra", ricordata dagli scrittori antichi, una pratica legata al culto di Afrodite, e per l'artigianato di lusso.
Le leggi tradizionalmente attribuite al locrese Zaleuco rappresentano il codice forse più antico del mondo greco, espressione di una struttura sociale di impronta rigidamente aristocratica.
Divenne poi sede di diocesi e tra il VII e l'VIII sec. d.C. fu progressivamente abbandonata dagli abitanti che diedero vita a Gerace, situata nell'entroterra in posizione dominante e ben difendibile dagli attacchi dei saraceni.
Il primo assetto urbanistico di Locri aveva una struttura a scacchiera ortogonale.
Nell'immediato dopoguerra l'aumento di nuove costruzioni ha determinato una trasformazione del nucleo abitato che ha superato i limiti della zona originaria e si è sviluppato lungo il litorale jonico denominato "Costa dei Gelsomini". A sud della città si trova la vasta area archeologica dell'antica Locri Epizefiri, meta ogni anno di numerosi visitatori.
Nell'area della città antica non si è sovrapposto un abitato moderno, e ciò ha facilitato le ricerche archeologiche fanno di Locri Epizefiri uno dei centri magnogreci meglio conosciuto e studiati. I reperti degli scavi locresi sono esposti nei due musei di Reggio Calabria e Locri. La città occupava un'area molto estesa (circa 1 km x 2,5 km verso l'interno) che, a partire dal VI sec.a.C., fu difesa da una cinta muraria dal perimetro di circa 7 Km. Come è consueto nel mondo greco, all'esterno della cinta muraria si estendevano le necropoli, la cui esplorazione (soprattutto in contrada Lucifero) ha fornito importanti dati sui rituali funerari e sulla società locrese. Il settore pianeggiante della città fu organizzato sin dall'età arcaica con un impianto urbanistico regolare caratterizzato da una fitta serie di strette strade (stenopoi) parallele e rettilinee, disposte da monte verso mare per facilitare lo scorrimento delle acque piovane, tagliate ad angolo retto da poche grandi arterie (plateiai), una delle quali larga ben 14 m. Gli isolati di forma rettangolare assai allungata (che ricorre anche in altre città magnogreche le quali fin dall'età arcaica elaborarono i primi esempi di organizzazione urbanistica del mondo greco) furono suddivisi in lotti occupati dagli edifici privati.
Centocamere
Teatro.
La gradinata era divisa in sette cunei (kerkìdes) mediante 6 scalette (klimakes). Una partizione orizzontale (Diazoma) separava le gradinate più altre (epitheatron) oggi rovinate.
La pianta, a ferro di cavallo, ricorda il primitivo impianto greco, della seconda metà del IV° a.C., anche se l'edificio subì ristrutturazioni in età romana (I° d.C.), come la realizzazione delle parodoi, del piccolo ambiente al centro dell'ima cavea e l'innalzamento di un muro di protezione per gli spettatori, intorno all'orchestra, necessario ai nuovi spettacoli solitamente propri degli anfiteatri (giochi gladiatori, venationes ecc.).
Si pensa che il teatro servisse anche per riunioni politiche.
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Santuari di Locri
Santuario in contrada Marasà.
Tempio di Casa Marafioti
Nei pressi del teatro, in vicinanza di casa Marafioti, sorgeva un tempio dorico, testimoniato in una stampa del 1781, poi indagato dal Luynes nel 1830: a seguito di questo scavo, i blocchi messi in luce furono asportati. Scavato ancora da Paolo Orsi nel 1910, ne rimangono pochi frammenti dei capitelli e del fregio (540-520 a.C.). Le terrecotte architettoniche esposte oggi al Museo di Reggio Calabria e la statua acroteriale fittile del cavaliere (Dioscuro?), sostenuta da una Sfinge, appartengono invece alla fine del V° a.C. Il tempio era dedicato a Zeus, come si evince dal preziosissimo archivio di tavolette bronzee, ritrovato in una vicina teca in pietra, con la registrazione della contabilità del santuario.
Tempio di Afrodite
All'esterno del braccio di mura che corre parallelo alla linea di costa, in prossimità dell'abitato di Centocamere , sorgeva un complesso cultuale incentrato sulla cosiddetta "stoà ad U" ed un piccolo tempietto (sacello). La divinità venerata era Afrodite, e data l'ubicazione in prossimità del mare e nelle vicinanze di un probabile approdo dei due edifici, si può pensare ad un culto della dea come protettrice dei naviganti e del mare.
Essa consta di una serie di ambienti accostati in modo da formare una "U" e dotati di un portico antistante che va ad affacciarsi su un ampio cortile centrale.
La stoà conobbe due fasi costruttive, una databile alla fine del VII-inizi del VI sec. a.C. ed una collocabile alla metà del VI sec. a.C., ed ebbe vita sino alla metà del IV sec. a.C., tanto che la ricostruzione ellenistica delle mura comportò l'eliminazione della rientranza che in età arcaica era stata realizzata nel percorso delle mura per rispettare la stoà stessa.
Oltre ad offrire riparo ai pellegrini, tale edificio era utilizzato, più che per l'esercizio della prostituzione sacra, come alcuni studiosi avevano proposto, per cerimonie sacre che prevedevano dei banchetti comuni: resti di pasto e frammenti di ex-voto dedicati in quelle stesse occasioni sono stati rinvenuti nelle piccole fosse (bothroi) scavate in gran numero (quasi quattrocento) nell'area del cortile centrale.
Dopo la metà del IV, al di sopra del sacello, venne costruito un nuovo edificio, denominato "casa dei leoni" per via del rinvenimento di eccezionali lastre di gronda in calcare con gocciolatoio a testa di leone ora esposte al museo di Locri. Essa è stata interpretata come sede di un culto ad Adone e, contemporaneamente, residenza delle sacerdotesse che a tale culto erano votate.
Santuario di Persefone
Santuario delle Ninfe di Grotta Caruso.
Immediatamente fuori dall'abitato, nei pressi del vallone Caruso-Polisà, nel 1940 Arias identificò ed esplorò una grotta, oggi purtroppo franata, scavata nel tufo, comprensiva di un bacino e sistemi di canalizzazione delle acque. Il materiale votivo, compreso tra V° e III° a.C., testimonia che il santuario era dedicato alle Ninfe, ma anche a divinità pastorali e ad Afrodite; singolari, oltre alle statuette, i modellini fittili di grotte-ninfeo, qui rinvenuti.
Le necropoli greche sono situate tutte al di fuori del circuito murario, nelle contrade Parapezza, Mona ci e Lucifero; quest'ultimo è il sito più conosciuto: tra il 1910 e il 1915 Paolo Orsi scavò oltre 1700 tombe, che vanno dal VII° al II° d.C., con una prevalenza numerica tra V° e IV° a.C.. Le necropoli romane, poiché relative ad un insediamento più contratto, occupano anche zone interne alle mura, evidentemente non più abitate; tra i materiali, ricordiamo il sarcofago di C. Ottaviano Crescente, dalla contrada Saletta, consenato all'Antiquarium (ca. 200 d.C.).
Villa tardoantica.
A sud-ovest del circuito murario, in località Quote S. Francesco, in proprietà privata, sono visibili gli imponenti ruderi (alti anche 4-5 m) di quella che, alla luce di recenti ipotesi, sembra essere una villa tardoantica, del tipo a torri angolari, con i resti di un impianto termale (V°-VIII° d.C.).
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